Diari di Lavoro 

(tratti dai diari dei partecipanti al Progetto Giovani negli anni 1993-1994-1995-1996…)

 

  • “L’importante nella vita è costruire cose ed esperienze con il mondo che ci circonda. Oggi penso che stiamo disimparando a stare con le persone, a metterci in gioco in prima persona ed a fare con le persone.

       Questa esperienza del Teatropercorso, la prima che vivo, mi aiuta a togliermi di dosso una strana “crosta” che piano piano col tempo e l’abitudine mi si è indurita addosso, è la maschera che ci rappresenta, o meglio vogliamo e pensiamo che ci rappresenti e che serva a difenderci dagli altri (chissà di che cosa avrò mai paura!?); una crosta spessa che mi isola dalla gente e uccide la curiosità e l’esperienza del mondo.    ….

       Penso che più importante della recitazione vera e propria, sia la dimensione del gioco che creiamo tutti insieme in semicerchio; un ritornare in qualche maniera bambini!  …

       Vorrei che le due ore che vivo al lunedì si potessero moltiplicare nella vita.”

  • ” Mi piace essere coinvolta e non vedo l’ora di provare a recitare di fronte ad un pubblico in maniera disinvolta, ma impegnata.

Ormai nel gruppo siamo quasi del tutto riusciti a creare un’atmosfera di intimità e di stima reciproca.”

  • Più passa il tempo, più mi piace e mi coinvolge questo corso che non è un semplice corso dove si impara a recitare … qui ci si trova a contatto con altre persone, con altri modi di vedere la realtà, insomma una specie di ritrovo tra amici”.
  • “Recitare è difficile, molto più di quanto lo immaginassi, non basta leggere qualche parola o qualche frase, si deve essere coinvolti emotivamente per riuscire a vivere un’altra realtà“.
  • “Gli esercizi svolti sono stati utili per conoscere anche gli altri e mi sono resa conto che solo tentando, provando a vincere la paura della timidezza si riesce ad affrontare quello che in futuro sarà il nostro pubblico”.
  • Abbiamo iniziato a pensare alla scenografia, a disporre pubblico e personaggi vari nello spazio senza farci limitare dalle normali convenzioni. (…)
  • All’inizio ero perplessa…

E’ un grande esperimento alternativo…

Non credevo fosse così divertente far nascere nella propria testa tutta l’ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi. Seguire fin dal suo nascere l’opera ci aiuta a capirla, approfondirla e quindi interpretarla meglio. (…)

  • (…) Le idee che fortunatamente ai miei compagni di lavoro non mancano, prendono man mano una forma, spesso modellata dal nostro esperto regista. (…)
  • (…) ma straordinario è il percorso che insieme stiamo costruendo in poche ore del venerdì sera.

Non mi era mai capitato di vivere una così intensa esperienza di gruppo; dipenderà, forse, dalla partecipazione originale di ciascun ragazzo, ed anche da un testo teatrale (n.d.r. “Edipo a Hiroshima ” di Luigi Candoni) stimolante e poco scontato, che ci mette costantemente in discussione … E’ arricchente il confronto con gli altri del gruppo; si scopre come ogni personalità sia sensibile ad aspetti e dettagli differenti, nessuno meno vero.

Non si gioca a chi è più bravo, ma si cerca di riprodurre, con voce e corpo, un panorama quanto più completo di sensazioni.

Ho ascoltato tante soluzioni sceniche, e mai nessuna mi è sembrata casuale, c’era sempre una spiegazione, un voler entrare nella psicologia dei personaggi.

E di input ce ne sarebbero ancora tanti!

Non sapevo che cosa aspettarmi iscrivendomi a Teatropercorso, e non avevo altre esperienze teatrali (se si escludono le recite all’asilo!); sto scoprendo molto e sono contenta di essere a bordo.

  • (…)Questa sera ho sentito che il nostro lavoro sta prendendo forma. Abbiamo cominciato a provare alcune parti, dopo aver discusso fra di noi sulle caratteristiche che dovrebbero avere i personaggi.

Ascoltando me stessa e gli altri ho notato che non è facile né immediato cogliere il tono giusto con cui esprimere una battuta; ci sono molte sfumature ed è facilissimo perdere il controllo della propria espressività. Il drammatico può diventare patetico, l’ironia, sarcasmo, e così via, rischiando effetti no desiderati. E non è semplice neanche trovare la giusta coordinazione tra voce e movimento del corpo, o semplicemente la posizione che ci sembra più opportuna nello spazio teatrale.

Comunque le emozioni che ho ricavato da questi primi tentativi sono già intense. Credo che, lavorandoci bene, ricaveremo il meglio da noi stessi.

  • (…) Oggi per la prima volta mi sono completamente resa conto di quanto sia difficile riuscire ad esprimersi non solo con le parole e con la voce, ma anche con il resto del corpo.

Me ne sono accorta mentre provavo la parte del “Pubblico Accusatore”.

Ho capito che la voce da sola non bastava, che era necessario un coinvolgimento più radicale, che a vibrare non dovevano essere solo le corde vocali, ma anche i muscoli, la pelle.

Ma il momento più difficoltoso per me è stato quello in cui ho cercato di prendere per i capelli l’accusato e il descriverne il volto sfuggente. Mi sono sentita terribilmente imbranata, combattuta tra la veemenza del gesto e il timore di esagerare, insomma non sapevo come fare per essere convincente.

Però solo il fare un tentativo è stato molto emozionante.

  • (…) Un’esperienza nuova ed entusiasmante. Finalmente ho provato a guardare il teatro… dal palcoscenico! Solamente alla fine, però, ho riflettuto a fondo sul significato del testo e sulle difficoltà di metterlo in scena.

All’inizio guardavo il tutto dall’esterno come se non mi riguardasse, come se pensassi che non sarei certo mai stata io a recitare. Non riuscivo a dare concretizzazione ai personaggi, un carattere, una fisionomia e una certa coerenza (o non coerenza). …

Il mio interesse e il mio entusiasmo hanno certamente avuto un’impennata alla fine, per poi esplodere la sera della “prima”! La compattezza nel gruppo che fino ad allora non avevo visto, l’ho trovata quella sera!

Penso che veramente abbiamo recitato tutti insieme.

Il mio impatto con il palco è stato, credo, positivo. Il timore di pochi secondi prima si è dileguato quando ho incominciato a parlare, ero sicura di quello che stavo dicendo! (…)

  • (…) Potrei cominciare proprio dalle mie più intime emozioni, perché mai avrei immaginato che questo percorso teatrale sarebbe stato così coinvolgente in senso umano.

Infatti ad “Espressioneteatro” non ho trovato soltanto dei giovani appassionati o desiderosi di conoscere questa forma d’arte, ma anche degli amici.

Pur così diversi per età ed interessi, abbiamo formato davvero un gruppo che fino alla fine si è sostenuto con aiuti e consigli reciproci.

(…) Un po’ per volta ho visto emergere in ciascuno di noi una “personalità scenica” ed è stato il momento più bello; innanzitutto è stata una sorpresa personale perché a questo corso  io ero venuta armata solo di passione per il teatro, ma in realtà non avevo mai recitato prima.

Ho imparato quanto entusiasmante sia poter dare vita ad un personaggio, anche se esprime concetti opposti ai tuoi, anche se devi stravolgere la tua mimica e imparare ad usare tutti i toni della tua voce. (…)

  • (…) Mi sto scoprendo sempre più sociale o meglio socievole. Soprattutto questo l’ho visto con la rappresentazione finale, che è stata vissuta molto coralmente. Seppur ognuno aveva la sua parte ben distinta, ho avvertito una tensione, una rappresentazione unitaria.

(…) Ciò che io provavo, oltre all’imbarazzo, era la completa comunione con gli altri. Tutti noi, insieme, a rappresentare qualcosa oltretutto molto “impegnato”, con uno sforzo non da poco. Riuscivo quasi a palpare l’attenzione del pubblico e l’esserne in parte artefice mi rende tutt’ora sgomento, se ci penso. Complice forse il “Dies Irae” finale, alla conclusione, alla tensione è subentrata una vera e propria commozione. (…)

  • L’aspetto più importante di questa esperienza è l’approccio libero, spregiudicato e tollerante a un lavoro teatrale (individuale) e a una convivenza sociale (di gruppo).

Quindi gli esiti del programma dovevano essere due: libertà di espressione e quindi scandaglio interiore come esperienza di ogni singolo da una parte e civile convivenza, anzi, collaborazione, tolleranza e responsabilizzazione nel gruppo dall’altra.

Ritengo che per me sia stata quasi “terapeutica” la possibilità di spalancare una certa visceralità che doveva uscire assieme al fiato, ma, come il fiato stesso, in maniera razionalizzata, guidata, controllata da un muscolo volontario.

Non solo: lo stimolo a inventare, riflettere e creare liberando la fantasia con l’esperienza, dando alla creazione le ali della riflessione, è la parte più importante di questo lavoro tutto.

Per quanto riguarda l’aspetto della convivenza, della collaborazione e corresponsabilità credo siano state raggiunte da tutti i componenti del gruppo e, per quanto mi concerne, io ne sono entusiasta.

Il lavoro assieme matura le persone, ma questo mi ha dato molto di più: mi ha ridato una certezza che credevo di aver perduto: si può dare una convivenza in cui ognuno conosca il proprio ruolo e sia consapevole dell’inserimento di questo in un collage totale.

  • Il maggior risultato a cui aspiravo, accostandomi al teatro, era quello di poter liberare il mio interno dalle mille barricate che si ergono nel porsi al centro dell’attenzione.

Le incertezze, la paura di sbagliare, il sentirsi osservati sono tra le prime cause di “mancanza di spontaneità” in un rapporto a due o più persone.

Fin dalla prima serata del corso, ho invece sentito la soddisfazione di poter spendere il mio tempo impegnandomi concretamente per il raggiungimento di uno scopo, poco individualista, bensì comune. (…)

Il teatro non sarà mai il mio lavoro, ma ne voglio fare un buono strumento affinché le sue continue sfide realizzino degli insegnamenti concreti, utili anche nella mia vita quotidiana.

  • (…) la convinzione che il teatro serva anche a dialogare, a metterci a nudo fra noi: fra noi che abbiamo preso parte alla recita e che siamo diventati amici, fra noi e chi ci ha visto e forse ha scoperto do non conoscersi del tutto, fra noi e noi stessi, ognuno sorpreso dagli imbarazzi e dalle paure, dai lati inconfessati, dalle possibilità nascoste.

Qualcuno mi ha stretto la mano quando i miei piedi dovevano muoversi, ma il mio cervello non riusciva a comandarglielo. Non so chi sia stato, ma forse dovrei trovare il coraggio di ringraziarlo perché in quel momento mi ha sconvolto più di qualsiasi altra forza che non riuscivo a trovare in me per continuare.

Un’altra scoperta ho potuto fare: mi riferisco all’esperienza di donna-sandwich. Anche in questo caso il dubbio iniziale si è risolto in una piacevole, istruttiva sorpresa. La gente non è così indifferente e refrattaria ai messaggi che si possono lanciare ed io posso affrontare le persone, posso entrare in comunicazione con loro anche se non le conosco.

C’è la possibilità di comunicare. Il canale di trasmissione esiste e il ricevente è disposto a far caso a un’emittente che lo coinvolga in problemi che vadano oltre il quieto vivere quotidiano.

  • Oggi rivedrò il mio gruppo di percorso, oggi porterò un amico, oggi inizierò un corso; ma perché continuo a scrivere oggi? forse perché le idee sono molte ma… un po’ confuse e pertanto devo pensare da dove iniziare.

Ah già devo iniziare col dire che sono un po’ sorpreso perché ho trovato persone che al contrario di me cercano sé stessi, cercano di capire se ce la faranno, (…)

  • Quella di venerdì scorso è stata una serata interessante… ciò che più mi ha colpito è come io mi sia sentita quando ho dovuto cantare il mio nome e spiegare i motivi per cui ero lì.

Credevo di essere disinvolta e sufficientemente libera nelle mie manifestazioni, invece mi sono resa conto dei limiti che la formalità mi ha inculcato.

È stato bello vedere e sentire la mia reazione e il mio stato d’animo… come punto di partenza… dandomi la possibilità di chiarire maggiormente il perché io ora sia qui… e cioè: liberarmi dagli schemi… almeno per quelle ore che lavorerò sul palco!!

  • Questo primo incontro ha suscitato in me un grande entusiasmo, ma al contempo mi ha fatto provare anche un sentimento di timore.

Ad entusiasmarmi è stata la prospettiva di tutto ciò che si farà nei numerosi incontri che verranno; che fra le altre cose farà sì che io possa finalmente esternare e realizzare concretamente una parte importante di me stessa, delle capacità e delle potenzialità che ho sempre tenute nascoste o soffocate nella mia interiorità. Ad intimorirmi è invece il fatto che dovrò confrontarmi con me stessa, misurare le mie effettive capacità e potenzialità. saprò se le suddette ci sono realmente e in che grado o se invece sono fittizie e solo frutto delle mie fantasie, del mio desiderio e della mia presunzione.

Mi aspetto molto da me stessa e questa lunga esperienza che mi accingo a fare sarà un importante banco di prova.

Mi piace l’idea del diario che farà in modo che si possa esprimere con maggiore tranquillità lucidità le proprie opinioni, le constatazioni e i sentimenti provati durante i singoli incontri che non sempre per una serie di fattori di diversa natura, si riuscirà ad esprimere adeguatamente e compiutamente.

Mi piace, inoltre, l’idea di mettere in scena un’opera teatrale diversa da quelle solitamente note ai più.

  • L’animatore, e i ragazzi degli anni scorsi hanno dato avvio alla serata creando un’atmosfera disimpegnata e molto piacevole.

Francesco ha spiegato simpaticamente quali sono le finalità e i limiti di un “corso” siffatto, precisando che non si tratta di un corso di teatro, né in senso tradizionale né tanto meno in senso tecnico. Sarà un’occasione di socializzazione che condurrà ad una maggiore conoscenza di sé stessi e degli altri: utile dunque sia a chi ha bisogno di aprirsi per perdere almeno un po’ di timidezza sia a chi ha semplicemente desiderio di comunicare con gli altri attraverso sé stesso.

I ragazzi che hanno già frequentato una o anche più volte il corso negli anni passati si sono dimostrati molto espansivi e soprattutto soddisfatti dell’esperienza vissuta. È stata descritta essenzialmente come un arricchimento interiore, oltre che come un impegno di lavoro.

L’impressione che ho tratto dalla serata è che un simile “percorso” condurrà sicuramente a scoprire un nuovo ulteriore modo di rapportarsi agli altri: operazione sempre così complessa da necessitare continue verifiche. Oltre a ciò spero che fornisca anche i rudimenti per una lettura del testo più “cosciente” e per un uso della parola foneticamente più gradevole.

  • Mi riesce difficile esprimere delle considerazioni sulla serata che ho passato, in quanto per me è tutto nuovo, “strano”, sicuramente interessante, ma difficilmente analizzabile.

Mi sono avvicinata a questo corso affascinata da quello che chi fa teatro vive nel farlo, e ciò che sto cercando di capire è proprio questo.

Stupidamente non avevo considerato che avrei dovuto viverlo in prima persona, così mi sono sentita un po’ disorientata, ma è comunque una situazione che, tutto sommato, ho trovato molto stimolante; com’è stimolante la prospettiva di vivere le varie fasi “tecniche” come un “percorso” e non piatto nozionismo.

Mi preoccupa un po’ di dover creare dei rapporti con le persone che ho conosciuto, forse perché ho il sacrosanto terrore di condividere qualcosa di personale, fosse anche solo un’opinione, con più di una persona alla volta.

Dopo aver ascoltato ed aver conosciuto gli altri, comunque, ho considerato che in un ambiente così sincero e spontaneo, una qualsiasi esperienza non potrà essere altro che positiva.

  • Ritento un’altra volta questa “magica” esperienza. C’è la volontà e c’è l’attesa: spero di non deludermi.

Questi i primi pensieri dopo la serata di venerdì 23 settembre. Ho percepito un’atmosfera diversa, nuova: tanta voglia di fare. Potrei sbagliarmi, certo!

ma sarebbe proprio bello se invece fosse un nuovo inizio. (…)

Sarebbe interessante capire perché i ragazzi sono sempre in numero minore rispetto alle ragazze.

  • (…) Sono ansiosa di iniziare l’esperienza di far parte di un gruppo stabile e di lavorare autonomamente alla realizzazione di uno spettacolo, (…)
  • Inizialmente sembrava quasi un gioco. Si viveva quella farsa con molta ilarità, benché la voce che ci guidava in quei momenti a noi così poco familiari trasmettesse chiaramente intenzioni di serietà.

A mano a mano che il “gioco” diventava “recita”, per effetto delle indicazioni persuasive che ci introducevano fisicamente e psicologicamente nella simulazione dell’handicap, cambiava percettibilmente il coinvolgimento soggettivo in quella prova.

       Ci vuole molta concentrazione e un impegno psicofisico notevole per riuscire ad entrare realmente nel “ruolo”, oltre che, naturalmente, un’adeguata educazione mentale. credo di esserci riuscita, ma solo per una breve frazione di tempo, che mi è stata però sufficiente per vivere intensamente una sensazione a me (fortunatamente) estranea. Sono entrata per pochi attimi in una dimensione in cui l’atmosfera era rarefatta, i ritmi rallentati e le percezioni intense.

       Ho avuto l’impressione che in una simile condizione si raggiunga un livello di interiorizzazione sconosciuto in condizioni di normalità. Al momento si è rivelato piacevole, ma è triste pensare che nella sua realtà cronica è compensato da tante frustrazioni e probabilmente annullato dai conseguenti sacrifici.

  • “Non è un corso di teatro” “è un percorso”

Serietà nell’approccio. E umiltà.

Accettare, vivere davvero seguendo questa linea, può risultare difficile. Se c’è il piacere dell’apprendere, può diventare entusiasmante.

Mi pare che chi ha già seguito un percorso di questo tipo sia carico di entusiasmo, se non forte di motivi. E in un tempo, così vuoto, così privo di “significati”, vivere bene un’esperienza è già tanto.

Se c’è una cosa che, oggi, può tranquillizzare è: non fare troppi programmi, ma avere comunque chiaro il perché, eventualmente si è “fuori posto” (…)

       E poi mi ha incuriosito il rapporto realtà/finzione. Quale sarà il confine tra queste due dimensioni? E poi il rapporto persona/personaggio (…) e il fascino di un percorso di gruppo … non siamo più abituati a farlo, ma forse sarà una soluzione….

  • Eccoci qua, ancora sul palco, questa volta a sperimentare più da vicino quella che è la preparazione per essere più liberi e disinvolti sulla scena, almeno secondo me!!

Abbiamo lavorato prima semplicemente sul movimento del nostro corpo, camminando sul palco … poi lo abbiamo fatto ad occhi chiusi …  non è facile camminare ad occhi chiusi … 

Camminare ad occhi chiusi è stato ciò che mi ha colpito di più.

  • (…) C’è una bella atmosfera di gente che soprattutto si diverte a fare queste cose.
  • Mi è stato detto ma non lo ricordo… mi sono quindi posto diverse volte la domanda: “A cosa servono gli esercizi che abbiamo fatto l’ultima volta a Teatropercorso?” 

Ricordo a fatica ciò che provavo mentre mi atteggiavo da zoppo, storpio, cieco, ecc.  Ricordo a fatica perché in quei momenti anziché sentire ciò che veramente stavo facendo, lo facevo e basta, senza credere, senza vivere fino in fondo quegli attimi.

Credo proprio che quegli esercizi servissero a rendere le persone più consapevoli del proprio corpo, di ciò che si è e di ciò che si è in quell’istante, o perlomeno a far capire che molto spesso viviamo in maniera superficiale per paura forse di provare emozioni (anche semplici, normali?) che il “quotidiano” ci ha insegnato, o meglio, ci ha fatto dimenticare.

La paura quindi di ritornare sé stessi per qualche istante, fuggendo da esso con mille espedienti: la distrazione, le risate, ed una serie di atteggiamenti che adottiamo quasi inconsciamente.

  • Credo che la discussione avvenuta venerdì 12 sia servita molto per il gruppo di teatro. Non tanto perché abbia risolto il problema, ma perché ha rivelato alle persone che esisteva una difficoltà, e questa è stata la cosa più importante. Credo che il problema del nostro gruppo sia stata una cosa normale, che in certe persone, che, dopo un certo periodo di tempo, deve trovare un difetto in un suo simile di cui è conoscente e questo lo porta allo scioglimento di questo rapporto. Le cause di questa antipatia non sono spiegabili, sono dei sentimenti per lo più per lo più inconsci, che la persona lo può superare capendo che non sono gli altri che hanno cambiato atteggiamento ma lui. Inoltre ho notato che la volta precedente non c’era più quel clima di tensione che c’era nelle volte precedenti.
  • Sono rimasta molto contenta per come si è svolto l’incontro del 12-1: era da tempo, infatti, che desideravo poter manifestare a tutti (o quasi!) le mie insoddisfazioni riguardo al “lavoro” compiuto finora da quello che dovrebbe chiamare “gruppo” di teatro. Per lavoro non intendo certamente fare riferimento ad una tabella di marcia prefissata che ha come scopo finale soltanto la rappresentazione di maggio: mi voglio riferire anche alla crescita del gruppo che, teoricamente, dovrebbe riscontrare degli interessi comuni per il teatro e, partendo da questo, collaborare.

Quella di venerdì, così, è stata un’occasione per riflettere e far riflettere sui motivi per cui, invece, sembrano essere scomparsi improvvisamente questi interessi comuni: è stato un passo in avanti! Mi rimane soltanto un po’ di delusione per non aver sentito i pareri di tutti e questo non solo perché alcune persone non erano presenti, ma anche perché altre non hanno voluto partecipare attivamente alla discussione diventando in questo modo la prova vivente della crisi che sta attraversando il gruppo. Vorrei sapere almeno perché ….

  • Sono rimasta piacevolmente sorpresa del fatto che l’aver dedicato l’incontro del 12-1 alla famosa discussione sia servito a smuovere qualcosa: non solo non c’erano persone assenti, ma anche si respirava un’aria meno carica di tensione e di risentimento. Finalmente abbiamo mosso i primi passi verso l’obbiettivo: lavorare insieme per la realizzazione della rappresentazione finale. Ed è proprio con questo spirito di collaborazione che abbiamo cominciato con lo scegliere le parti, lasciando trasparire un rinato entusiasmo per questa attività di gruppo. La mia speranza è che sia così anche nei prossimi incontri, altrimenti ci sarà un’altra delusione!
  • L’altra volta, diversamente dalle altre mi sono sentita a mio agio, e ho sentito il gruppo più unito, e anche più partecipe e penso che per arrivare ad un buon lavoro finale ci debba essere sempre questo clima positivo, e volendo, anche rilassante e piacevole. Posso dire che rispetto all’anno scorso, visto che non ci conoscevamo tutti, questa volta è diverso e c’è un rapporto abbastanza buono.
  • L’altra lezione è stata molto divertente per la ricerca dei costumi che ci ha aiutati a capire meglio come vediamo i diversi personaggi.
  • Quest’anno non riusciamo a trovare il punto di partenza. Mi dispiace perché quest’anno sentivo una maggiore responsabilità. Anche la realizzazione di un abbozzo di disposizione del palco è nuovo per noi. Quest’anno ci stiamo facendo scappare l’occasione di fare qualcosa di più nostro. È un peccato perché basterebbe solo un piccolo sacrificio. (…)
  • Non immaginavo fosse così difficile mettere in scena una rappresentazione teatrale che fa perno su dei personaggi abbastanza definiti! Certo non credevo fosse una passeggiata, ma confidavo sulla spontaneità…. ma quale spontaneità?! Finché si tratta di recitare alcune battute restando fermi o, comunque, sapendo che si è tutti sulla scena (come successe l’anno scorso) è un conto, ma quando c’è da penetrare in un personaggio fino ad arrivare a pensare come potrebbe pensare lui è tutta un’altra storia! Provando a recitare mi sentivo molto legata nei movimenti e ancora troppo concentrata al tono e all’espressione con cui dire le battute. Con questo non voglio tirarmi indietro, ma solo rendermi conto di quanta strada devo fare per arrivare a dare un’interpretazione decente del mio personaggio. Perciò non mi spavento, anche perché ognuno di noi si troverà più o meno nella mia stessa situazione e quindi tutti insieme dovremo farcela … sempre che tutti vogliano continuare questa esperienza con impegno ed interesse!