5.3. CENTRO STUDI “Luigi Candoni”
SUL NUOVO TEATRO – UDINE
diretto da: Prof. Armando Bortolotto
TEATRO ORAZERO – UDINE
diretto da Rodolfo de Chmielewski
EPOPEA CANDONIANA di Rodolfo de Chmielewski
Frequentando gli ambienti bene di Udine, avevo più volte sentito nominare Luigi Candoni, un drammaturgo udinese di origine carnica che però lavorava a Roma.
Una sera, sul finire del 1968, fui invitato assieme alla mia chitarra, nella splendida villa di un mio ricchissimo amico e proprio lì feci la sua conoscenza.
Devo confessare che mi trovai subito un po’ a disagio a dover recitare e presentare, come solitamente ero invitato a fare, qualcosa di mio con la chitarra davanti ad un uomo di teatro ormai già affermato e del quale tutti i presenti mi avevano molto parlato. Ma, alla fine della mia esibizione, Candoni mi avvicinò e, dandomi già amichevolmente del tu, mi disse che, se avessi collaborato con lui per quanto riguardava la musica, avremmo potuto fare assieme parecchie cose.
Da quella sera infatti e in seguito fui molto vicino a Candoni sia come autore delle musiche dei suoi lavori che come attore in tante sue commedie. Ma ciò che anzitutto mi preme ricordare è che le sue parole, quelle cioè che disse appena mi incontrò, si rivelarono profetiche. Infatti, tutti gli originali copioni che presentò in seguito e quanto io cercai di risolvere musicalmente, venne sempre rappresentato in pubblico o alla RAI o pubblicato nella rivista Teatro Orazero. Nacquero così le mie musiche per “Via Crucis Orazero”, per “Festa grande al castello”, ricordo medioevale sul colle di Buia, per la commedia-cabaret “Baraban”, per i cabaret “America darling”, “Carnascialetto” e “Quattro palle un granchio”.
C’è ancora una cosa cui vorrei accennare. Accadde probabilmente a fine anno scolastico e quindi ad aprile o maggio 1969. Stavo entrando in una classe per far lezione mentre da essa usciva l’insegnante di religione, un sacerdote giornalista e direttore de “La Vita Cattolica”, il settimanale diocesano. Sorridendo mi disse: “Il tuo regista m’ha detto che state preparando uno spettacolo per la Scuola Cattolica di Cultura in Sala Brosadola”. Risposi che era vero e che si trattava di una sintesi in sette stazioni della “Via Crucis Orazero”, ultima novità scritta da Luigi Candoni. “M’è stato riferito che non è un gran che come testo” affermò. “Non mi pare”, risposi semplicemente. E ci salutammo. Subito dopo ripensai a come il sacerdote potesse dare quel giudizio negativo se io solo possedevo quel testo consegnatomi da Candoni. Leggendolo, m’era piaciuto e l’avevo proposto al mio regista senza neppure mostrarglielo e lui aveva accettato la mia offerta. Mi parve che si stesse denigrando un’opera senza nemmeno averla letta. Mi sovvenne perciò la frase evangelica che poteva adattarsi a Candoni: “Nemo propheta in patria”.
Quelle sette stazioni furono poi presentate in pubblico ottenendo un lusinghiero successo. Vista la buona riuscita parziale del testo candoniano (la cui prima copia fu donata dall’Autore a Papa Paolo VI) il regista volle in breve allestire l’opera completa in tutte le sue 14 stazioni. Il teatro prescelto fu l’Auditorium dello Zanon. Io composi le musiche di scena ed ebbi molte parti importanti. Alla fine della prima dello spettacolo, nel quale ci misi tutta l’anima, il successo fu pieno.
Ormai, per me, era iniziata quella che io chiamo l’epopea candoniana. Infatti già il 5 aprile 1969 era sorta l’Associazione degli scrittori friulani ed io, pur non avendo scritto mai nemmeno un rigo, fui inserito nel comitato direttivo. La cosa in sé potrebbe far sorridere, ma con molta probabilità ci fu profeticamente lo zampino di colui che, vero amico altruista, aveva già visto in me un potenziale scrittore di teatro.
Candoni, intanto, dopo molti anni trascorsi a Roma, si era definitivamente stabilito a Udine e si era dedicato alla creazione degli “Offplay”. Essi avevano il valore dell’immediato, la poesia di un’alba irripetibile, col pubblico protagonista dell’evento teatrale. Iniziai il 17 maggio 1970 a Buia, grosso centro ad una ventina di chilometri da Udine. Io ed un gruppo di amici ci raccogliemmo nella piazza del paese ed incominciammo una partita di football senza pallone. Poi, assieme a loro, seduti su sedie raccogliticce lungo la via, finsi di arringarli senza però emettere suoni con la voce e fotografando le reazioni dei paesani che, attoniti, ci guardavano e commentavano. Luigi Candoni appuntava il tutto su un bloc-notes.
Continuai il 24 maggio a Colloredo di Montalbano che, col suo castello, ricorda la permanenza di Ippolito Nievo. Molte persone, ed io fra queste, formando un pubblico eterogeneo, finsero di circondare un falso ferito bendato e sanguinante. Tutto questo per osservare le reazioni della gente del posto davanti ad uno spettacolare incidente. Candoni annotava ogni comportamento delle persone analizzando psicologicamente i giudizi espressi al riguardo.
In giugno mi esibii con un repertorio concertistico interpretando quattro dei difficilissimi cinque preludi di Heitor Villa Lobos.
Solo pochi giorni dopo, un articolo dello scrittore Carlo Sgorlon, apparso sul Gazzettino, così mi descrisse: “De Chmielewski, altissimo e dinoccolato, dall’aspetto romantico e sognatore, che certo ebbe qualche avo polacco esule in Friuli, cacciato dalla sua patria da chissà quale vicenda, fece volare incantevoli note accompagnandosi con la chitarra”.
Sorrido al pensiero di come l’amico Sgorlon abbia potuto immaginare le mie origini ataviche!
Quindici giorni dopo presentai “Il quesito” e “La telefonata”, due miei testi di satira estemporanea sulla burocrazia, esibendomi così per la prima volta come autore sotto lo sguardo compiaciuto di Candoni.
Il 1971 fu l’inizio di una serie di spettacoli che si susseguirono a tamburo battente. Avevano una cadenza autunnale ed invernale con repertorio bisettimanale.
Essi si svolsero tutti, o quasi, presso il Circolo di cultura Luigi Einaudi il cui presidente, il professor Armando Bortolotto, aveva intuito Il valore e apprezzato l’attività vulcanica del drammaturgo Luigi Candoni dandogli così ospitalità. Il suo Circolo infatti si trasformò ben presto in un minuscolo teatro da 100 posti a sedere, con pedana e luci di posizione.
Terminato l’anno scolastico 1970-1971, appena presi lo stipendio, partii subito per le vacanze. Scelsi Lussino semplicemente perché avevo sentito esaltare la bellezza di quell’isola. Alloggiai a Lussingrande.
Là feci la conoscenza di un simpatico signore sulla sessantina che in precedenza aveva fatto il corista al teatro Verdi di Trieste. Lui era di casa a Lussino sicché mi raccontò molti fatti riguardanti l’isola, il paese e i suoi abitanti.
Fui talmente coinvolto dalla sua narrazione che, tornato definitivamente a Udine, nel giro di poco tempo scrissi il mio primo radiodramma intitolato IL NOME, incentrato su una storia d’amore fra giovani, nata in quell’isola. Lo lessi quindi a Candoni il quale ne fu entusiasta tanto da proporlo ad un suo amico, l’allora direttore della RAI di Trieste Guido Botteri. Il testo fu accettato e così il 4 febbraio 1972 ebbi il piacere di
ascoltarlo alla radio con la regia di Ruggero Winter, una mia vecchia conoscenza di vent’anni prima, quando assieme a me faceva l’attore nella trasmissione “Il pappagallo” e che poi fece carriera negli ambienti radiofonici.
Devo dire che Lussino mi rimase nel cuore per l’insieme del luogo, delle persone, delle cose e per le lunghe nuotate con maschera e boccaglio, compiute tra gli scogli alla scoperta del mondo sottomarino a me fino ad allora sconosciuto. Non mi dilungo in tante descrizioni che pure sarebbero utili, ma dico solo che feci tanta propaganda per quell’isola da convincere lo stesso Candoni e la figlia Elviana a visitarla assieme a me nel giugno del 1972.
Intanto l’attività di Teatro Orazero, sotto la guida e l’impulso candoniano, cavalcava veloce. La sua “Via Crucis Orazero” fu ridata alla grande presso l’Auditorium dello Zanon l’11 aprile 1972. Poi, di seguito, fu rappresentato con numerose repliche il “Carnascialetto”, un cabaret composto da Candoni e da me, per il quale ideai pure le musiche di scena.
Quell’anno e il successivo 1973, lo affermo a posteriori, l’insegnamento negli Istituti di Udine e di Tolmezzo, fu di pura routine e passò quasi in second’ordine rispetto alle tante recite che feci con Teatro Orazero.
Enumerarle tutte sarebbe noioso. Tra esse tuttavia merita una menzione particolare la commedia cabaret BA RA BAN di Luigi Candoni per la quale scrissi le musiche di scena e che interpretai al Palamostre di Udine il 7 dicembre 1972 assieme a Mariella Gobessi, Carlo Gori, Nietta Saggi e Filippo Crispo, gli ultimi tre provenienti da Teatro Orazero di Padova.
Il lavoro ebbe un successo pieno ed entusiastico poiché ricco di trovate e battute divertenti legate fra loro da un filo logico: il rifiuto della civiltà delle macchine e il rifugiarsi nella poesia.
Rammento poi un’altra occasione allegra. Recitavo assieme all’attore Nevio Ferraro l’atto unico “La curva” di Tankred Dorst, un autore tedesco presentato, con note introduttive, da Candoni.
Durante lo spettacolo, ad una certa battuta dell’attore, questi mi guardò con un atteggiamento bizzarro, tanto che mi scappò un non previsto e strano sorriso. A lui, vedendo la mia espressione, venne pure da ridere, il che provocò in me un’ulteriore più forte risata. Senza quasi rendersene conto Nevio prolungò il suo riso
incontenibile al quale corrisposi con una eco ancora più sonora. Iniziò così tra noi una ridarella irrefrenabile che contagiò pure il pubblico presente in sala e si estese con inconscia vivacità per alcuni minuti. Tutto questo per dire che, partendo da un semplice e imprevisto sorriso, può succedere che in teatro si giunga ad un inatteso coinvolgimento generale capace, meglio di ogni altra terapia, di procurare tra gli spettatori una momentanea casuale travolgente allegria. Anche Candoni rise parecchio.
Alla fine del 1973 Luigi Candoni pubblicò SU IL SIPARIO, un libro di lettura per la scuola, da considerarsi come un primo corso di drammatizzazione e animazione teatrale, al quale collaborai esaminando la funzione della musica nella composizione drammatica. Lui ed io lo portammo nelle scuole.
Egli scrisse pure due libri, uno per bambini e il secondo per adolescenti aventi quale personaggio principale Valpino il primo e Valp il secondo.
Ma il 1974 fu un anno di svolta.
Inizialmente, nel teatro, tutto sembrò continuare come al solito. Il calendario di quell’anno cominciò con le repliche in regione del “Carnascìaletto”, con serate intitolate “Come nasce il cabaret” e il 2 marzo con il comicabaret “Quattro palle un granchio” che fu ancora una novità di Candoni integrata dalle musiche e dalle ballate composte da me, testo quest’ultimo più volte replicato anche a Trieste.
Enumero ora le ultime recite di Teatro Orazero prima di un evento inaspettato. Il 7 aprile a Udine, 1’8 a Gorizia e il 20 aprile a Trieste partecipai alla rappresentazione della “Via Crucis, passione per 14 voci”, ultima novità di Candoni. Ma solo a Udine egli presenziò allo spettacolo poiché dovette in fretta venir ricoverato all’ospedale. E siccome a fine aprile fui ricoverato anch’io, ci si incontrò un paio di volte nel nosocomio udinese.
Luigi Candoni, come lavoro, svolgeva quello di rappresentante dell’Italsider nel Friuli-Venezia Giulia. Lui, laureato in economia e commercio, vendeva ferro, insomma. Incontrato una mattina all’ospedale esclamò: “Pensa Dek” – Dek per lui e per altri era il mio soprannome – “dagli esami che ho fatto è emersa una cosa comica: ad uno come me che vende ferro pare abbiano riscontrato una forte carenza di quell’elemento”, e scoppiò a ridere.
Uscimmo entrambi dall’ospedale dopo una decina di giorni.
Rientrato a Udine, dopo una bella ma troppo breve vacanza, il 4 agosto venni a sapere che il caro amico Candoni era stato ricoverato d’urgenza all’ospedale. Andai a trovarlo pur essendo stato informato che non voleva vedere nessuno, nemmeno i suoi parenti più stretti. Quando però seppe che il visitatore era Dek, mi fece subito entrare. Aveva ancora la penna in mano e sul block-notes, che teneva accanto, vidi scritta la parola “transrealismo”, concetto che caratterizzava la sua ricerca teatrale dell’ultimo periodo. Ogni giorno gli feci compagnia sia di mattina che di pomeriggio. Una volta, guardando il crocifisso che pendeva dalla parete di fronte al letto, volgendo lo sguardo verso di me, disse: “Ora non mi è rimasto che Lui … É mio”.
Il 12 agosto fu nuovamente operato in extremis dal professor Ventura che voleva salvargli la vita ad ogni costo. Ma invano. Il tumore operato sette anni prima si era riprodotto in modo diffuso. Dopo poche ore entrò in coma. Gli feci impartire l’estrema unzione e, terminato il sacro rito, mi congedai in fretta da tutti i parenti accorsi al suo capezzale. Poi, con lo stesso passo lento di quando ero entrato una settimana prima, me ne uscii dall’ospedale col dolore di chi sapeva che non l’avrebbe più rivisto.
L’indomani, 13 agosto 1974, alle sette del mattino, spirò non ancora 53 enne.
Luigi Candoni fu una di quelle figure che si incontrano una sola volta nella vita, una persona affascinante come uomo di teatro e, in particolare, un amico sincero.
***
Sulla spinta del professor Armando Bortolotto che da anni ospitava Teatro Orazero nel Circolo-Teatro Luigi Einaudi, io ne presi le redini, almeno per quanto riguardava la programmazione futura degli spettacoli. e proposi per il calendario autunnale del 1974 una rassegna che intitolai “Ritroviamoci”.
Già da qualche anno Candoni aveva promosso ad Arta Terme un concorso nazionale teatrale che conferiva, ad anni alterni, premi rispettivamente per atti unici e per radiodrammi. Sabato 7 settembre, a soli 25 giorni dalla sua prematura scomparsa, ci fu la prima uscita di Teatro Orazero con la sua commedia in due empi “Perché ridiamo” alla quale partecipai ad Arta Terme e che precedette la cerimonia di premiazione. In seguito, al Circolo-Teatro Einaudi, misi in cantiere per il 31 ottobre un collage intitolato “Serata con Candoni” tutto incentrato sulla sua ultima attività nel periodo udinese.
Per ultimo, desidero riferire ciò che Candoni mi disse quando, fin dagli inizi, parlavamo assieme nel suo studio.
“Ricordati che, se continuerai ancora a fare teatro, avrai molto da soffrire”.
“Perché?” gli domandai.
“Perché tu non hai conosciuto ancora chi sia l’uomo” rispose e, dopo un breve silenzio, aggiunse:
“Sai cos’è l’invidia?” e tacque.
Rimasi perplesso e pensieroso.
Lo compresi soltanto tre anni dopo la sua morte, quando cioè scrissi un’accorata lettera al professor Bortolotto dicendogli che abbandonavo Teatro Orazero.
Anche in questo Candoni fu profeta in campo teatrale.
Poi il professore mi riebbe. Però a cose cambiate.
(Rodolfo de Chmielewski 2021)
RODOLFO DE CHMIELEWSKI
Biografia-quasi un diario
Sono Rodolfo de Chmielewski, nato a Udine il quattro dicembre del 1931 e laureato in Matematica e Fisica, ma insegnai sempre Fisica, scienza che avevo nel cuore.
Avevo dieci anni e facevo ridere tutti imitando la voce di Stanlio e Ollio.
Da ventenne, nel 1951, partecipai come imitatore, alla rassegna RAI “Il microfono è vostro”. Nel 1952 alla RAI di Trieste ne “Il pappagallo”, sempre come imitatore. Nel 1955, come cantante e chitarrista, alla rassegna RAI “Il campanile d’oro”. In seguito presi lezioni di chitarra classica e nel 1961 suonavo già Albeniz, de Falla, Torroba e Villa Lobos. Nel 1962, da dilettante, ebbi una parte ne “Le tre sorelle” di Cechov, con mie musiche originali. Nel 1963 al Vigorelli di Milano partecipai al dramma sacro “La terra non sarà distrutta” di p. David Maria Turoldo. Nel 1967 a Pesaro recitai ne “L’aiuola bruciata” di Betti e nel 1968 ne “La fuggitiva” sempre di Betti.
Nel 1969 conobbi l’illustre scrittore di teatro Luigi Candoni che subito mi valutò e mi catturò come musicista e attore in sette sue commedie e drammi. Però fu un breve tragitto il nostro che durò solo 5 anni perché un male incurabile lo colpì. Gli stetti accanto negli ultimi giorni di vita. Gli fu impartita l’estrema unzione e morì guardando Gesù Crocifisso il 13 agosto 1974.
Luigi Candoni fu un meraviglioso amico. Entusiasta del mio primo radiodramma “Il nome” si prodigò per farlo trasmettere alla RAI di Trieste. Fu una fucina di idee teatrali, una figura semplice, ma volitiva, di quelle che si incontrano una sola volta nella vita. Nel 1970 ad Arta Terme favorì la nascita del premio “Candoni – Teatro Orazero” per atti unici e radiodrammi cui potevano partecipare tutti gli scrittori italiani. A Udine, con la collaborazione del prof. Bortolotto, conoscitore delle sue opere, fondò la compagnia “Teatro Orazero” di Udine che fu sempre ospitata nel Circolo Einaudi diretto dal citato professore. In esso, il 28.11.1974, mi esibii nel controcabaret “Io, controio e la musica” da me composto nel quale alternavo brani musicali con un dialogo continuo con me stesso toccando svariati temi. Era alquanto caratterizzato dal “teatro off” indicatomi da Candoni. In seguito, l’8.2.1976, presentai “Paul il protagonista” un mio testo recitato da tutta la compagnia e proposto tra realtà, finzione e fantasia. Però le mie presenze come attore, autore e musicista manifestarono un certo disappunto nella compagnia. Comunque continuai e il 12.4.1976 presentai Teatro Orazero nella Sala Brosadola per la Scuola Cattolica di Cultura con un’azione teatrale da me curata: “Non a tutti è dato di credere” Il pubblico applaudì molto. Ma anche in questo caso ci furono lagnanze fra gli attori durante le prove. E dire che… venivano pagati!
Improvvisamente il 6.5.1976 teatro, scuole e incontri si fermarono per il violento terremoto che colpì il Friùli, Gemona in particolare.
Ci fu una lunga pausa in ogni attività.
Durante quell’estate scrissi il radiodramma “Il pianoforte suonava” dedicato al terremoto, che in seguito fu radiotrasmesso, pubblicato e tradotto in sloveno. Mi venne l’idea di mandarlo al premio Candoni – Teatro Orazero di Arta Terme. [In teoria …]Non avrei potuto farlo perché ero nella giuria, nella sezione dedicata ai giovani. Pensai ad un espediente: spedirlo sotto pseudonimo mi fu facile. E vinsi una medaglia d’oro.
Alla fine del 1976, in Sala Brosadola, la Scuola Cattolica di Cultura ospitò nuovamente Teatro Orazero con “Contrasti sulla via di Damasco” da me curato. Il lavoro fu molto applaudito ma anche questa volta non fu ben accolto dagli attori-pagati perché clericaleggiante.
Nel 1977 l’arcivescovo di Udine mi affidò l’incarico di scrivere una Via Crucis da celebrarsi a Gemona che intitolai “Friùli: Via Crucis della speranza” e che recitai tra le rovine di Gemona assieme a Nevio Ferraro e Graziella Ricci, attori della compagnia Teatro Orazero. L’indomani ricevetti una telefonata veemente dal regista di Teatro Orazero di Udine per essere stato escluso lui e il resto della compagnia dal recital. Risposi pacatamente ma non ci fu verso. Al che riattaccai. Ma da quell’istante diedi l’addio a Teatro Orazero e ricordai ciò che mi disse Candoni anni prima: “Dek, se seguirai la via del teatro, avrai anche molto da soffrire”. Rimanevo tuttavia legato al prof. Bortolotto per quanto riguardava il Premio Candoni.
L’anno successivo mi associai all’amico Sergio Sarti, ordinario di Filosofia all’Ateneo udinese, il quale aveva fondato il sodalizio “Resurrectio”. Grazie a lui, il 19.3.1978 in sala Brosadola presentai il monologo “Io uomo” recitando per più di un’ora come cantante, mimo, imitatore, suonatore, attor comico e drammatico. Ci fu un lungo applauso plaudente, ma volò pure un’unica frase: “Ci voleva proprio de Chmielewski per riempire così la sala!” Sorrisi, e sempre in quell’anno, col trucco dello pseudonimo, spedii al premio Candoni di Arta Terme “L’asfodelo d’oro” vincendo la terza medaglia d’oro. Le altre tre furono: “Lo scafo di cristallo” (1980), “Una domenica diversa” (1981), “La prima esperienza” (1983).
Non posso contare ora tutte le mie presenze in recitals e in spettacoli a Udine e in Friuli. Accenno solo a quanto accadde alla fine del 1984. Mi fu regalato un libro che trovai interessante ma che sconvolse a tal punto il mio intimo fino a creargli un’intensa revisione del cuore. Ciò mi procurò all’istante il desiderio di scrivere e recitare assieme a due attori i fatti storici di Medjugorje. Presentai quindi ben 28 spettacoli diversificati ma sullo stesso tema che, partendo da Udine e dintorni, toccarono prima l’Isontino, poi Trieste, infine la destra Tagliamento.
Tranne il primo spettacolo proposto da me al prof. Bortolotto per gli altri 27 furono gli organizzatori a richiedermelo. L’ultimo spettacolo su Medjugorje fu recitato il 22.9.1988.
Salto qualche anno e il 3.12.1993 al Centro Culturale San Cristoforo propongo il mio “Doppio salto mortale con avvitamento” interpretato da me e da Nicoletta Sinopoli ottenendo un lusinghiero successo. Nel 1994 sono preso da un insolito desiderio di scrivere e sforno ben 4 atti unici. Sono forse presago di ciò che accadrà il 30 dicembre di quell’anno? Non so, ma proprio in quella mattina mia madre è colpita da un ictus che la terrà a letto paralizzata fino all’8 maggio 2001. Io le faccio da alter ego, rimanendole sempre accanto per 6 anni 4 mesi e 8 giorni.
Ora non parlerò più di me stesso e da questo momento in poi presento i titoli di tutti gli spettacoli dati al Circolo di Cultura San Cristoforo dal 12 gennaio 2002 con “Matto” al 27 novembre 2015 con “Cose che volano”.
12 gennaio 2002 – “Matto”
4 maggio 2002 – “Ricordo Stridente”
12 ottobre 2002 – “Sfaccettature”
17 maggio 2003 – “Quel pomeriggio di un tardo autunno al tramonto”
4 ottobre 2003 – “Canto a te”
29 novembre 2003 – “E diamoci una mossa”
10 gennaio 2004 – “Giuda Iscariota: prova d’appello”
24 gennaio 2004 – “Essur di Kariot”
3 aprile 2004 – “Conversioni”
8 maggio 2004 – “Briciole di vita”
22 maggio 2004 – “Contatto ravvicinato con Turoldo”
16 ottobre 2004 – “Itinerario turoldiano”
13 novembre 2004 – “Ritratto di donna”
- 4 dicembre 2004 ricevo il premio NADÂL FURLAN a Buja
11 dicembre 2004 – “Papini – Abisso – Luce – Natale”
29 gennaio 2005 – “Ancora Lui-Lui chi?”
26 febbraio2005 – “Son desto o son morto?”
19 marzo 2005 – “Via Crucis” di Mario Luzi
7 maggio 2005 – “Schegge di memoria”
8 ottobre 2005 – “Il sogno”
5 novembre 2005 – “L’uomo dell’osanna” di Sergio Sarti
10 dicembre 2005 – “Tante suocere e Nicoletta”
21 gennaio 2006 – “Miguel”
25 febbraio 2006 – “Voci e canti”
8 aprile 2006 – “Mosaico pasquale”
13 maggio 2006 – “Parole di Mamma”
28 ottobre 2006 – “Un impossibile recital”
24 giugno 2006 – “Io e Medjugorje”
18 novembre 2006 – “Il signor Alberto”
15 dicembre 2006 – “Turoldo parla ancora”
26 gennaio 2007 – “Sonetti, sonate… e sonatine”
31 marzo 2007 – “Pilato”
5 maggio 2007 – “Diario di una vecchia signora”
13 ottobre 2007 – “Il sorriso di…”
17 novembre 2007 – “Nel mondo della poesia”
1 dicembre 2007 – “Le due interviste”
23 febbraio 2008 – “Ping-Pong”
15 marzo 2008 – “Sono lui”
18 maggio 2008 – “È tutt’altra cosa”
8 novembre 2008 – “La busta bianca”
6 dicembre 2008 – “Tutti dicono che…”
A Piano d’Arta il 28 dicembre 2008 – “Viva Candoni”
21 febbraio 2009 – “Io! Io! Io!”
18 aprile 2009 – “Enigma”
10 ottobre 2009 – “Divagazioni su…”
28 novembre 2009 – “L’incontro”
6 febbraio 2010 – “Le sette parole”
10 aprile 2010 – “Mixage”
2 ottobre 2010 – “Sottosopra” (in scena anche Graziella Ricci da qui in poi)
6 novembre 2010 – “Novellando”
12 marzo 2011 – “Fogli d’album”
16 aprile 2011 – “Buono, Valente, Ottimo? Valente!”
24 settembre 2011 – “Io ve la racconterei cosi”
29 ottobre 2011 – “Amor y guitarra”
3 dicembre 2011 – “Una famiglia… discutibile”
11 febbraio 2012 – “Cabaret”
24 marzo 2012 – “Accadde proprio a me”
6 ottobre 2012 – “Tutte le strade portano… a Spalato”
3 novembre 2012 – “Dialoghi in famiglia”
1 dicembre 2012 – “Così ridevano, così cantavano”
16 marzo 2013 – “Intrighi diavoleschi”
20 aprile 2013 – “Accidenti a te”
5 ottobre 2013 – “Ammazzare il tempo”
9 novembre 2013 – “Canta ogni cosa”
7 dicembre 2013 – “La saga dei Barbuzzo”
1 marzo 2014 – “Robe dell’altro mondo”
19 aprile 2014 – “Una storia sotto la neve”
11 ottobre 2014 – “Da Caporetto al Piave”
6 dicembre 2014 – “Elisa”
14 marzo 2015 – “Si prefigurò in 10 giorni”
18 aprile 2015 – “Una storia poco credibile”
17 ottobre 2015 – “Una storia mirabolante”
28 novembre 2015 – “Cose che volano”
Poi scrissi un ultimo monologo: “Il muro bianco” che volevo presentare nel 2016. Ma evitai perché non ce la facevo più con la voce.
(Rodolfo de Chmielewski, Udine 2021)
Il 5 dicembre 2022 all’età di 91 anni Rodolfo de Chmielewski si è spento nella sua casa di Udine.
“Certamente De Chmielewski deve essere di esempio a tutti noi per aver dedicato tutta la sua vita, oltre che alla scuola, ai giovani e all’arte, all’affermazione dei grandi valori cristiani e per aver trasmesso quel chiaro messaggio etico che lui ha vissuto con estrema coerenza.”
“Era un compositore – lo ricorda, sulle pagine del Messaggero Veneto, Giuseppe Bevilacqua, responsabile artistico della prosa del Teatro Nuovo Giovanni da Udine – di un ampio repertorio per chitarra e voce, ma non solo (suoi alcuni commenti musicali ai film del regista De Stefano), amante della fotografia e prolifico scrittore di poesie. Dotato di una presenza scenica di intensa e originalissima espressività, era attore autentico ricco di sorprendente comunicativa, capace di aprire il cuore all’umano distillandone con gentile cura i tratti più profondamente legati al mistero di Dio: non parlava, Rodolfo “di” Dio, ma voleva parlare “con” Dio in una felice comunicazione con i suoi appassionati ascoltatori». Collaborò per anni con il Teatro Orazero di Luigi Candoni divenendo anche autore teatrale di livello (premio Arta Terme per il radiodramma “Il pianoforte suonava”). Va ricordato anche lo spettacolo tra le macerie di Gemona all’indomani del terremoto nel 1977 “Friuli via Crucis della speranza”. «Il senso religioso e l’impegno culturale – aggiunge Bevilacqua – erano per Rodolfo tra loro legati indissolubilmente: chi lo ha conosciuto ha respirato nella sua casa il profumo di una spiritualità radicata nella spontanea accoglienza e nella preghiera che faceva un tutt’uno con la sua giornata, per anni condotta nella cura infaticabile alla sua amata mamma». —
Nota:
Pubblicazioni, estratti e dattiloscritti si trovano depositati presso:
- Biblioteca Civica “V. Joppi” di Udine – Sez. manoscritti e rari.
Piazza Marconi, 8 – 33100 Udine
- Ridotto di Coderno (paese natale di p. David Maria Turoldo) – Piazza Cavour, 4 –
33039 Sedegliano (UD)
In evidenza:
LA REALTÀ NEL RICORDO (1978) Radiodramma di Rodolfo de Chmielewski – (Testo in PDF) La Realta Nel Ricordo di Rodolfo de Chmielewski
PREMIO CANDONI – ARTA TERME – XXV EDIZIONE 1994
TELEFONATA A CANDONI – Radiodramma di Rodolfo de Chmielewski – (Testo in PDF) Telefonata a Candoni di Rodolfo de Chmielewski
“Ho desiderato partecipare a questo concorso proprio perché il 1994 coincide pure col XX° anniversario della scomparsa dell’indimenticabile amico Luigi Candoni. Ed è appunto per questo motivo che all’idea di base di questo radiodramma, scaturita da una reale richiesta fattami da un professore siciliano sulla possibile appartenenza all’Autore carnico di una lirica dal titolo “Il reticolato”, ho voluto inserire, tra alcuni flash-back che rimandano al secondo conflitto mondiale, anche qualche pagina inedita di Candoni in mio possesso che è bene non vada dimenticata”.